martedì 18 ottobre 2011

La maestria dell'associazione a tavola

Eh sì, è da un po' che trascuriamo il nostro angolo di chiacchiere: il rientro dalle vacanze, nuovi progetti (le coucou magnifique), e cambiamenti in corso, almeno per me. Sono in trepida attesa di scoprire quale nuovo lavoro mi riserverà il futuro!
Ma veniamo al dunque. Qualche riga per parlare del buon gusto a tavola. Quello vero, dell'apparecchiare come si deve anche per una semplice cena tra amiche, come fa sempre P., curando ogni particolare e facendo sentire all'ospite di essere stato davvero desiderato e coccolato; e il buon gusto nello scegliere i sapori e nell'associarli.

La scorsa settimana sono stata da P. per la nostra serata di redazione, e mi ha cucinato una buonissima omelette baveuse con le verdure, accompaganta da funghi, dal suo buonissimo pane fatto in casa, e da un buon vino bianco di cui purtroppo non ricordo il nome. Una cena tutto sommato semplice, ma con i sapori bene abbinati, e una bellissima tavola con tanto di sotto bicchieri e sotto piatti in argento: i miei complimenti per la mise en place! Guardate un po' qua! (Perdonate la risoluzione delle immagini scattate al volo con BlackBerry)




E poi, per concludere la mia settimana, che aveva preso a questo punto una piega tutta francese, sabato sera, dopo una giornata all'Ikea con il mio carissimo amico Maurizio e dove ci siamo rimpinzati di polpette, abbiamo deciso di dedicare la cena a qualcosa di leggero e veloce.
Ed ecco qua che il mio compagno di gozzoviglie mi prepara in quattro e quattr'otto una super cena!
Maurizio ha scelto alcuni formaggi teneri francesi, un Chaource, un Brillat-Savarin affiné, un Brie (non poteva mancare!) ed un Neufchatel
Insieme a questi squisiti formaggi il padrone di casa ha messo in tavola una super-baguette ed un miele delizioso, Miel de lavande des moines de l'Abbaye de Sénanque. Il tutto bagnato da un vino squisito, un Ventoux Cuvée Fayard, che ci siamo scolati in due. 




Una cena sublime!

Che dire, in quanto ad amici, e cuochi, sono proprio fortunata!

(Di M.)


mercoledì 5 ottobre 2011

Peccati di stagione: l’accanimento cromatico

Mi è capitato di notare il recente dilagare di un fenomeno inquietante: l’accanimento cromatico. Esso consiste nel comporre il proprio abbigliamento (accessori e gioielli compresi, ahimé) declinando caparbiamente un solo colore. Può così succedere di incontrare qualcuno che indossa un pantalone o una gonna verde pisello, una camicia verde pastello (la rima è voluta – mi è sembrata carina), mocassini o ballerine verde marcio, una borsa in pelle verde chiaro, una collana e/o sciarpa verde scuro, un braccialetto verde bosco, con il tocco finale – e perché no, a questo punto? – di una spilla… “verdina”. C’è di che stordirsi.
Ma c’è di più: mi sono resa conto che l’incidenza del suddetto fenomeno tende a coagularsi intorno al colore viola, che offre una gamma di variazioni pressoché infinita, specie se ci si inoltra sul versante del lilla. Io vi posso assicurare che ho visto con i miei occhi, racchiuse su di un’unica persona, tutte le variazioni di questo colore, moltiplicato con un accanimento perturbante persino su anelli, orecchini, collana, bracciale, sandalo e… smalto (mani e piedi, ve lo giuro). Senza contare il resto, ossia i “pezzi grossi” (casacca, gonna, foulard, soprabito).
Che si tratti di una manifestazione di insicurezza, per la quale si preferisce variare il noto piuttosto che addentrarsi nell’ignoto? Che sia una forma di panico da prestazione nell’abbinamento?   
Oppure (e qui mi permetto soltanto una timida supposizione) un segno – magari in buona fede – di mero cattivo gusto? Si accettano scommesse.
(Di P.)

martedì 4 ottobre 2011

Un piccolo spazio per condividire un'informazione importante

Non ci mettiamo a fare politica, ma questa informazione riguarda tutti noi: oggi parliamo di moda e di eleganza, ma se un giorno desiderassimo scrivere le nostre riflessioni su situazione politica o economica vorremmo poterlo fare liberamente, senza incorrere in denunce o chiusure del nostro piccolo spazio in rete. Diffondiamo perciò questo articolo.
M.

Comma ammazza-blog. Post dedicato a Gasparri & C.

Nobavaglio
Premessa: ieri sera a Porta a Porta si è parlato del comma 29, il cosiddetto ammazza-blog, ma gli spettatori di certo non avranno capito di cosa si tratta. E siccome per Gasparri e dintorni Internet è uno strumento micidiale, è evidente che i nostri politici e la nostra classe dirigente 1) non sanno niente della rete e pure legiferano su di essa 2) non hanno idea del mondo che c'è qui dentro 3) hanno bisogno di un corso full immersion del comma ammazza-blog che stanno per legiferare. Bene il corso glielo offriamo noi, gratuitamente, perché caro Gasparri sì, Internet è uno strumento micidiale di libertà, di creatività, di condivisione di sapere e di conoscenza. Mondi inesplorati, capisco perfettamente (Arianna).

Probabilmente oggi stesso ricomincerà il dibattito parlamentare sul disegno di legge in materia di riforma delle intercettazioni, disegno di legge che introdurrebbe, una volta approvato, numerose modifiche al nostro ordinamento lungo tre direttrici: limitazioni alla utilizzabilità dello strumento delle intercettazioni da parte dei magistrati; divieto di pubblicazione di atti di indagine per i giornalisti, anche se si tratta di atti non più coperti da segreto; estensione di parte della normativa sulla stampa all’intera rete.
Cerchiamo di chiarire sinteticamente i dubbi espressi in materia.

Il disegno di legge di riforma delle intercettazioni ha un impatto significativo sulla rete?
Il ddl di riforma della normativa sulle intercettazioni influisce sulla rete in due modi, innanzitutto perché le limitazioni introdotte dal ddl in merito alla pubblicabilità degli atti di indagine riguarda, ovviamente, anche la rete, relativamente al giornalismo professionale, ma soprattutto perché in esso è presente il comma 29 che è scritto specificamente per la rete. Cosa prevede il comma 29? Il comma 29 estende parte della legislazione in materia di stampa, prevista dalla legge n. 47 del 1948, alla rete, in particolare l’art. 8 che prevede la cosiddetta “rettifica”.

Cosa è la rettifica?
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere dei media unidirezionali e di bilanciare le posizioni in gioco. Nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, un semplice cittadino potrebbe avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie, e comunque ne trascorrerebbe molto tempo con ovvi danni alla sua reputazione. Per questo motivo è stata introdotta la rettifica che obbliga i direttori o i responsabili dei giornali o telegiornali a pubblicare gratuitamente le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti che si ritengono lesi.

Il comma 29 estende la rettifica a tutta la rete?
La norma in questione estende la rettifica a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”. La frase “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica” è stata introdotta in un secondo momento proprio a chiarire, a seguito di dubbi sorti tra gli esperti del ramo che propendevano per una interpretazione restrittiva della norma (quindi applicabile solo ai giornali online), che la norma deve essere invece applicata a tutti i siti online. Ovviamente sorge comunque la necessità di chiarire cosa si intenda per “siti informatici”, per cui, ad esempio, potrebbero rimanere escluse la pagine dei social network, oppure i commenti alle notizie. Al momento non è dato sapere se tale norma si applicherà a tutta la rete, in ogni caso è plausibile ritenere che tale obbligo riguarderà gran parte della rete.

Entro quanto tempo deve essere pubblicata la rettifica inviata ad un sito informatico?
Il comma 29 estende la normativa prevista per la stampa, per cui il termine per la pubblicazione della rettifica è di due giorni dall’inoltro della medesima, e non dalla ricezione. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

E’ possibile aggiungere ulteriori elementi alla notizia, dopo la rettifica?
Il ddl prevede che la rettifica debba essere pubblicata “senza commento”, la qual cosa fa propendere per l'impossibilità di aggiungere ulteriori informazioni alla notizia, in quanto potrebbero essere intese come un commento alla rettifica stessa. Ciò vuol dire che non dovrebbe essere nemmeno possibile inserire altri elementi a corroborare la veridicità della notizia stessa.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto?
La rettifica prevista per i siti informatici è sostanzialmente quella della legge sulla stampa, la quale chiarisce che le informazioni da rettificare non sono solo quelle contrarie a verità, bensì tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni “da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità”, laddove essi sono i soggetti citati nella notizia. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia. Non si tratta affatto, in conclusione, di una valutazione sulla verità, per come è congegnata la rettifica in sostanza si contrappone la “verità” della notizia ad una nuova “verità” del rettificante, con ovvio scadimento di entrambe le “verità” a mera opinione (Cassazione n. 10690 del 24 aprile 2008: “l’esercizio del diritto di rettifica… è riservato, sia per l’an che per il quomodo, alla valutazione soggettiva della persona presunta offesa, al cui discrezionale ed insindacabile apprezzamento è rimesso tanto di stabilire il carattere lesivo della propria dignità dello scritto o dell’immagine, quanto di fissare il contenuto ed i termini della rettifica; mentre il direttore del giornale (o altro responsabile) è tenuto, nei tempi e con le modalità fissate dalla suindicata disposizione, all’integrale pubblicazione dello scritto di rettifica, purché contenuto nelle dimensioni di trenta righe, essendogli inibito qualsiasi sindacato sostanziale, salvo quello diretto a verificare che la rettifica non abbia contenuto tale da poter dare luogo ad azione penale”).

Come deve essere inviata la richiesta di rettifica?
La normativa non precisa le modalità di invio della rettifica, per cui si deve ritenere utilizzabile qualunque mezzo, fermo restando che dopo dovrebbe essere possibile provare quanto meno l’invio della richiesta. Per cui anche una semplice mail (non posta certificata) dovrebbe andare bene.

Cosa accade se non rettifico nei due giorni dalla richiesta?
Se non si pubblica la rettifica nei due giorni dalla richiesta scatta una sanzione fino a 12.500 euro.

Che succede se vado in vacanza, mi allontano per il week end, o comunque per qualche motivo non sono in grado di accedere al computer e non pubblico la rettifica nei due giorni indicati?
Queste ipotesi non sono previste come esimenti, per cui la mancata pubblicazione della rettifica nei due giorni dall’inoltro fa scattare comunque la sanzione pecuniaria. Eventualmente sarà possibile in seguito adire l’autorità giudiziaria per cercare di provare l’impossibilità sopravvenuta alla pubblicazione della rettifica. È evidente, però, che non si può chiedere l’annullamento della sanzione perché si era in “vacanza”, occorre comunque la prova di un accadimento non imputabile al blogger.

La rettifica prevista dal comma 29 è la stessa prevista dalla legge sulla privacy?
No, si tratta di due cose ben diverse anche se in teoria ci sarebbe la possibilità di una sovrapposizione parziale. La legge sulla privacy consente al cittadino di chiedere ed ottenere la correzione di dati personali, mentre la rettifica ai sensi del comma 29 riguarda principalmente notizie.

Con il comma 29 si equipara la rete alla stampa?
Con il suddetto comma non vi è alcuna equiparazione di rete e stampa, anche perché tale equiparabilità è stata più volte negata dalla Cassazione. Il comma 29 non fa altro che estendere un solo istituto previsto per la stampa, quello della rettifica, a tutti i siti informatici.

Con il comma 29 anche i blog non saranno più sequestrabili, come avviene per la stampa?
Assolutamente no, come già detto con il comma 29 non si ha alcuna equiparazione della rete alla stampa, si estende l’obbligo burocratico della rettifica ma non le prerogative della stampa, come l’insequestrabilità. Questo è uno dei punti fondamentali che dovrebbe far ritenere pericoloso il suddetto comma, in quanto per la stampa si è voluto controbilanciarne le prerogative, come l’insequestrabilità, proprio con obblighi tipo la rettifica. Per i blog non ci sarebbe nessuna prerogativa da bilanciare.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false?
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Se ritengo che la rettifica non sia dovuta, posso non pubblicarla?
Ovviamente è possibile non pubblicarla, ma ciò comporterà certamente l’applicazione della sanzione pecuniaria. Come chiarito sopra la rettifica non si basa sulla veridicità di una notizia, ma esclusivamente su una valutazione soggettiva della sua lesività. Per cui anche se il blogger ritenesse che la notizia è vera, sarebbe consigliabile pubblicare comunque la rettifica, anche se la stessa rettifica è palesemente falsa.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica, il titolare del dominio, il gestore del blog?
Questa è un’altra problematica che non ha una risposta certa. La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi è il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Anche qui non è possibile dare una risposta certa al momento. In linea di massima un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

Pensavo di creare un widget che consente agli utenti di pubblicare direttamente la loro rettifica senza dovermi inviare richieste. In questo modo sono al riparo da eventuali multe?

Assolutamente no, la norma prevede la possibilità che il soggetto citato invii la richiesta di rettifica e non lo obbliga affatto ad adoperare widget o similari. Quindi anche l’attuazione di oggetti di questo tipo non esime dall’obbligo di pubblicare rettifiche pervenute secondo differenti modalità (ad esempio per mail).

Pensavo di aprire un blog su un server estero, in questo modo non sarei più soggetto alla rettifica?

Per non essere assoggettati all’obbligo della rettifica è necessario non solo avere un sito hostato su server estero, ma anche risiedere all’estero, come previsto dalla normativa europea. E, comunque, anche la pubblicazione di notizie su un sito estero potrebbe dare adito a problemi se le notizie provengono da un computer presente in Italia.

E’ vero che in rete è possibile pubblicare tutto quello che si vuole senza timore di conseguenze? E’ per questo che occorre la rettifica?
Questo è un errore comune, ritenere che non vi sia alcuna conseguenza a seguito di pubblicazione di informazioni o notizie online, errore dovuto alla enorme quantità di informazioni immesse in rete, ovviamente difficili da controllare in toto. Si deve inoltre tenere presente che comunque l’indagine penale od amministrativa necessita di tempo, e spesso le conseguenze penali od amministrative a seguito di pubblicazioni online, si hanno a distanza di settimane o mesi. In realtà alla rete si applicano le stesse medesime norme che si applicano alla vita reale, anzi in alcuni casi la pubblicazione online determina l’aggravamento della pena. Quindi un contenuto in rete può costituire diffamazione, violazione di norme sulla privacy o sul diritto d’autore, e così via… Il discorso che spesso si fa è, invece, relativo al rischio che un contenuto diffamante possa rimanere online per parecchio tempo. In realtà nelle ipotesi di diffamazione o che comunque siano lesive per una persona, è sempre possibile ottenere un sequestro sia in sede penale che civile del contenuto online, laddove l’oscuramento avviene spesso nel termine di 48 ore.

Ho letto di un emendamento presentato da alcuni politici che dovrebbe risolvere il problema della rettifica. È un buon emendamento?
Già lo scorso anno fu presentato un emendamento da alcuni parlamentari, che sostanzialmente dovrebbe essere riproposto quest’anno, con qualche modifica. In realtà l’emendamento Cassinelli, dal nome dell’estensore, non migliora di molto la norma: allunga i termini della rettifica a 10 giorni, stabilisce che i commenti non sono soggetti a rettifica, e riduce la sanzione in caso di non pubblicazione. L’allungamento dei termini non è una grande conquista, in quanto l’errore di fondo del comma 29 è l’equiparazione tra rete e stampa, cioè tra attività giornalistica professionale e non professionale, compreso la mera manifestazione del pensiero, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, esplicata dai cittadini tramite blog. Per i commenti la modifica è addirittura inutile in quanto una lettura interpretativa dovrebbe portare al medesimo risultato, anzi forse sotto questo profilo l’emendamento è peggiorativo perché invece di “siti informatici” parla di “contenuti online” con una evidente estensione degli stessi (pensiamo alle discussioni nei forum). Tale emendamento viene giustificato con l’esempio del blogger che scrive: “Tizio è un ladro”, ipotesi nella quale, si dice, Tizio ha il diritto di vedere rettificata la notizia falsa. Immaginiamo invece che Tizio effettivamente sia un ladro, la rettifica gli consentirebbe di correggere una notizia vera con una falsa. Se davvero Tizio non è un ladro, invece, non ha alcun bisogno di rettificare, può denunciare direttamente per diffamazione il blogger ed ottenere l’oscuramento del sito in poco tempo.

Ma in sostanza, quale è lo scopo di questa norma?
Una risposta a tale domanda è molto difficile, però si potrebbe azzardarla sulla base della collocazione della norma medesima. Essendo inserita nel ddl intercettazioni, potrebbe forse ritenersi una sorta di norma di chiusura della riforma, riforma con la quale da un lato si limitano le indagini della magistratura, dall’altro la pubblicazione degli atti da parte dei giornalisti. Poi, però, rimarrebbe il problema se un giornalista decide di aprire un blog in rete e pubblicare quelle intercettazioni che sul suo giornale non potrebbe più pubblicare. Ecco che il comma 29 evita questo possibile rischio.

Bruno Saetta - blog
@valigia blu - riproduzione consigliata

martedì 27 settembre 2011

Per me, l'eleganza.

Vincent Van Gogh - The Potato Eathers
Cosa può essere o non essere elegante?
Ecco la mia classifica!

ELEGANTE E'

* invitare gli amici a cena e far sì che si sentano come a casa propria: è bello quando gli invitati si sentono a loro agio e si rilassano tra una chiacchiera e l'altra! Secondo me è importante che l'ospite sia attento ad ogni particolare, ed ad ogni esigenza degli invitati: non aspettiamo di notare qualcuno che cerca con lo sguardo la botiglia dell'acqua, sostituiamo quella vuota con una piena appena terminata!
* ringraziare per una bella serata il giorno seguente, magari con un mazzo di fiori, la persona che ci ha ospitato per un pranzo, una cena, una festa: sentire che la serata è stata apprezzata è sempre gradevole.
* dare la risposta ad un invito con anticipo rispetto alla data: chi organizza potrà pianificare tutto con  maggior tranquillità.
* non usare cellulari e palmari a tavola: una volta era scontato, da qualche anno sembra che più nessuno ci faccia caso!
Fitzpatrick Riots - Rissa al Covent Garden Theatre
* seguire un film in silenzio: no comment!
* seguire uno spettacolo teatrale in silenzio: qui si disturbano non solo gli altri spettatori ma anche gli attori!










NON E' ELEGANTE

* aspettare che chi ti ha invitato ad una cena o ad un evento ti richiami per dirgli se vi prenderai parte o meno: questo è indicativo dell'interesse e del rispetto per l'ospite.
* parlare al telefono a tavola, o rispondere agli sms, o chattare. Fino a qualche tempo fa era ritenuto sinonimo di maleducazione, oggi, se lo si fa notare si rischia di passare per dei rompiscatole. Chi trascorre la serata tra amici con la testa china sul telefono potrebbe starsene tranquillamente a casa. Farebbe miglior figura!
* parlare durante un film, o masticare nelle orecchie a chi sta seduto vicino: come si stava bene negli anni Novanta, con il divieto di portare bevande e cibo in sala!
* a teatro, applaudire prima della fine della rappresentazione, o chiacchierare senza rispetto prima dell'inizio di uno spettacolo a scena aperta, con gli attori presenti sul palco: un po' di rispetto per chi dovrà mantenere una certa concentrazione! Peggio: fare cattivi apprezzamenti durante la rappresentazione: nessuno vi ha obbligato ad andare a teatro, ed esiste la possibilità di informarsi prima di acquistare il biglietto.


Queste alcune considerazioni, ma accetto suggerimenti per completare la mia lista!
 (Di M.)

(Le immagini sono prese in prestito qua e là su web, mi riservo di toglierle se qualcuno ne avanzasse i diritti! ;-)


giovedì 1 settembre 2011

Chic et cher (cartoline da Parigi)


Mentre C. folleggiava per la Baviera, io mi sono concessa una vacanza a Parigi, un luogo che non ha bisogno di presentazioni (tengo però a consigliare, nel caso vi capitasse di visitare questa città alla fine dell’estate, di mettere in valigia qualche pezzo strategico, onde fronteggiare un tempo meteorologico per il quale la parola “variabile” è uno sfrontato eufemismo, non solo nell’arco di una giornata, ma anche nel corso di una più modesta mezz’ora. Portatevi gli occhiali da sole, insomma, ma anche una sciarpa di seta e un pull di cachemire: non pesano nulla, né nella vostra valigia da volo low cost che non deve superare gli X chilogrammi agli spietati controlli, né quando ve li portate appresso durante passeggiate e visite sul posto. Ma quando si alza il vento, piove improvvisamente come se non dovesse mai più smettere o il sole semplicemente si nasconde dietro le tipiche nubi azzurro metallico sciarpa e pull vi salveranno – elegantemente – la salute e la vacanza).
Ebbene, durante la mia permanenza in Francia, ho ricevuto due regali notevoli, anche se per ragioni diverse. Qualcuno che mi conosce bene e non rinuncia mai a prendermi un (bel) po’ in giro mi ha offerto un oggetto che, a suo dire, è stato concepito su misura per me. Temo, al contrario, che si adatti a una larga fetta di signore e signorine, ma ho gradito tanto il pensiero quanto il regalo: una shopping che recita Mi piacerebbe tanto avere una borsa elegante e costosa
Il disegno che accompagna la frivola sentenza raffigura una Kelly del gruppo Hermès, una borsa che è un pezzo di storia della moda, uno status symbol, un emblema di stile, un classico fra i classici, ecc. Forse non tutti sanno, però, che non si è sempre chiamata così, che si tratta di una borsa creata addirittura nell’Ottocento, quando nasce la maison, e che originariamente era molto più grande e serviva per contenere le selle dei cacciatori. Le dimensioni odierne le raggiunge solo nel 1930 e soltanto a metà degli anni Cinquanta prende il nome dell’attrice Grace Kelly che, incinta della sua prima figlia, pare usò la borsa per nascondere la gravidanza ai fotografi, facendosi così immortalare con la sua Hermès in primo piano, in immagini che fecero il giro del mondo. Ma quella che sarebbe diventata la “Kelly”, con la sua chiusura a battente e serratura a chiave, era già il prodotto di punta della casa francese da diversi anni.

La mia nuova shopping non è una Hermès, benché sia, a suo modo, molto chic. E, oltre alla persona che me l’ha regalata e al suo sense of humour, mi ricorda quanto ridicola sia la passione (per le borse – ma solo per le borse?) se diventa ossessione. Non è poco per una shopping di tela.
E l’altro regalo? Be’, ça va sans dire : un sac chic et cher.
(Di P.)

venerdì 26 agosto 2011

Tra design ed ecologia

Eccomi qua, appena rientrata da una breve vacanza in Austria, dove, tra una camminata e l'altra, non mi sono negata qualche escursione metropolitana. Passeggiando tra le vie di Innsbruck, alla ricerca degli angoli meno turistici e più genuinamente bavaresi della città, mi sono imbattuta in una galleria d'arte, una della catena Augustin, che ha attratto la mia attenzione per i magnifici gioielli esposti in vetrina. 
Confesso, sono letteralmente drogata di bracciali, li amo alla follia e ne posseggo di ogni tipo e foggia, ma haimè, nonostante ne abbia un intero cassetto nell'armadio, non riesco a fare a meno di acquistarne! Non ho una tecnica, e la mia non è una ricerca programmata, diciamo che sono i bracciali stessi che mi chiamano, e finiscono immancabilmente nel magico cassetto, da cui emergono alternativamente per dare quel tocco in più al look che solo un accessorio sa dare.

Ma torniamo al mio nuovo incontro: ho acquistato, o meglio il mio compagno mi ha regalato, due fantastici bracciali in resina di Sobral, uno rigido nero, con dei chip fusi all'interno, ed uno multicolor, ispirato all'astrattismo di Kandinsky!

Il mio bracciale!
Un porta vasi
Tornata a casa sono corsa a vedere online gli altri oggetti realizzati da questo designer brasiliano, Carlos Sobral, nato a Rio de Janeiro, che dagli anni Sessanta realizza gioielli e accessori. Profondamente immerso nel movimento Hippie, Sobral ha iniziato a creare i suoi oggetti con materiali riciclati, principio su cui ancor oggi si fonda la sua produzione. Dopo aver venduto le sue creazioni alle manifestazioni culturali organizzate a Rio, apre il primo negozio nella stessa città nel 1982 per espandersi in seguito in Europa e Stati Uniti.

Ogni pezzo è realizzato in un'atmosfera familiare dai 160 artigiani che collaborano collettivamente alla creazione e realizzazione degli oggetti fatti a mano. Le resine sono in poliestere naturale completamente riciclabile,  altri componenti provengono da materiali riciclati nel pieno rispetto dell'ambiente.
La zuccheriera



Insomma, mi sono innamorata a prima vista, e la policy di questo designer mi ha dato un motivo in più per continuare a seguire le sue creazioni .... e a riempire il cassetto!
 
E per finire, una selezione delle proposte attuali.




Gli anelli ... 

I bracciali ...

 

Non sono magnifici?

(Di C.)





sabato 6 agosto 2011

Pizza Roma

Viaggiando all’estero, ci si imbatte spesso in quello che a mio avviso è un mistero, diciamo linguistico. Mi riferisco ai nomi dei locali e ristoranti italiani presenti in altri paesi. Essi vantano nomi “italioidi”, “italiati”, ma non titoli che un italiano sceglierebbe mai. E capisco gli orrori ortografici sul menù (anche se…) ma almeno il nome di un locale dovrebbe richiedere una certa riflessione e coerenza. Invece ci si ritrova davanti a Rimini Ristoranti italiani: ora, ci sarà anche dietro una catena (non menzionata, in ogni caso), ma non è chiaro e non è “bello” perché, se entro in quel ristorante, devo presumere che ce ne sia almeno un altro? E comunque il turista straniero come quello italiano reagiranno certamente con maggiore fiducia alla forma singolare che a quella plurale. Inoltre, in questo caso, era addirittura scritto (a lettere cubitali, rosse, luminose): Ristoranti Rimini italiani.
 Oppure, Ristorante Piazza. Può andare, per carità, ma in Italia si chiamerebbe Alla piazzetta, Alla piazza o al limite In piazza. O ancora Roma pizza. Qual era l’impedimento per una Pizzeria Roma
Immagino che locali aperti da immigrati di seconda o terza generazione possano magari non potere più approfittare della freschezza linguistica dei gestori, ma questi ce l’avranno un telefono, un amico italiano, un collegamento in rete per spulciare qualche esempio. Si potrebbe inventare un mestiere di consulenza che prevenga queste denominazioni poco convincenti, mai eleganti, in fondo fuorvianti.
(Di P.)

giovedì 14 luglio 2011

Leggere prima di indossare!...

So che la speaking T-shirt rientra in una moda invalsa da diverso tempo e non è di questo che intendo parlare. Vorrei accennare invece a quelle scritte e diciture che, più genericamente, vogliono essere un elemento decorativo per l’indumento in questione e non esprimono idee e concetti più o meno provocatori, più o meno ironici, più o meno spiritosi.
Il fatto è che certe parole, o frasi semplici, sono da indossarsi con cautela, ma soprattutto con consapevolezza. Sembra, infatti, che a volte uno infili delle T-shirt senza preoccuparsi di sapere cosa c’è scritto (o disegnato) sopra, senza pensare a che cosa andrà a collocarsi accanto al viso e quindi alla persona stessa. E sarebbe pure auspicabile che ci fosse una coerenza di qualche tipo tra quella faccia e quella scritta (o disegno).
Avete mai incontrato un “savage wilderness” scritto a caratteri rossi su sfondo giallo ocra con sopra un visetto da istitutore vittoriano? C’è qualcosa di poco elegante (a volte di patetico) in certi abbinamenti. E poi leggiamole queste magliette, prima di indossarle: cosa starebbe a significarmi “savage wilderness”? Trattasi di ridondante accostamento nome e aggettivo, privo di un vero senso, evocativo di una dimensione avventurosa estrema che in genere poco ha a che fare con l’esistenza di chi ne indossa il richiamo verbale.
Per non parlare dei vari “sweet candy” (in genere indossati da chi i candies non li compra più da un pezzo), “toujours l’amour” (affermazione generica e banale, un po' ridicola sulla sciura che strattona il marito verso il parcheggio perché non ricorda se ha chiuso l'auto) o “safari” (messo lì così, da solo, che non si capisce se è un invito, un desiderio o un ricordo).
(Di P.)

giovedì 30 giugno 2011

IL MONDO INCANTATO DI MICHAL NEGRIN


Qualche giorno fa mi sono recata 'Nel giardino di Cri', un bel negozietto che si trova nel quartiere San Zeno, (uno dei  più belli di Verona se non fosse per la voragine che l'amministrazione comunale tiene aperta da mesi per costruire un ormai fantomatico parcheggio), per acquistare il regalo per il compleanno della nostra cara P.  Già, perchè oggi è il suo compleanno!!!!!
Tanti auguri P., anche dal nostro blog!
In questo piccolo angolo di artigianato ho avuto modo di vedere da vicino alcuni oggetti della collezione di Michal Negrin, una stilista israeliana che crea dei gioielli in stile retrò/vittoriano che trovo molto belli: P. ora ha un paio dei suoi orecchini!
Sono oggetti molto raffinati, e curati in ogni piccolissimo dettaglio, di un gusto particolare, ma credo che con uno stile vintage stiano proprio bene.
Ho fatto dunque una piccola personale selezione: molte creazioni hanno uno stile a mio parere molto (troppo?) orientale, ma se scelte per essere un unico particolare che spicca sulla semplicità o linearità di un abito, beh, perchè no?



Gli abiti hanno un costo (per me) proibitivo, ma la bigiotteria è accessibilissima con un prezzo politically correct, se paragonato alla cura con cui i gioielli sono rifiniti.















Tutte le immagini sono state prese dal sito http://www.michalnegrin.com/About_Michal_Negrin_World
(Di C.)


sabato 25 giugno 2011

OMAGGIO A CYBILL LYNNE SHEPHERD (1950)

Qualcuno forse si ricorderà di lei in Moonlighting (Serie Tv, 1985 – 1989, ma ogni tanto la vediamo ancora trasmessa sulle reti italiane), affianco ad un giovane Bruce Willis agli esordi della sua carriera cinematografica.
Ho sentito parlare di lei qualche settimana fa in un bellissimo programma di Radio24, Destini Incrociati, nel quale si ripercorrevano le orme dell’attrice che ha affiancato alcuni dei più grandi attori di Hollywood - da Robert De Niro in Taxi Driver (1976) a Bruce Willis nella serie Moonlighting, a Uno strano caso (1989), con Robert Downey Jr. - e si spiegava come l’attrice non sia mai riuscita ad emergere nel cinema ma abbia invece vinto tre Golden Globe per le sue interpretazioni nelle serie televisive.
Ma vi chiederete perché ho scelto di parlarvi di lei.
Ho molto apprezzato Cybill nella serie Moonlighting (che amo, e consiglio a chi non la conosce di vederla), per l’ironia che ha saputo donare a Maddie, ma anche per la sua classe, che trovo innata, testimoniata anche dagli altri personaggi da lei interpretati nei film.
Oggi voglio dunque dedicarle questo post, perché credo che nel cinema contemporaneo ci siano poche attrici che possano competere con il suo charme, voi che dite?
(Di C.)




In Taxi Driver



Accanto a Bruce Willis in Moonlighting



lunedì 20 giugno 2011

La scarpa sbagliata: racconto di un vero incontro (ovvero cosa può minacciare il nostro senso estetico nei luoghi e nei momenti più insospettabili).

L’ho vista. Con i miei occhi: era lì, davanti a me, che mi precedeva mentre scendevo le scale. Finché la rampa non fosse terminata, ero in trappola, non potevo sottrarmi, il mio sguardo raccapricciato, malgrado tutto, restava incollato al dettaglio, che ingigantiva e ingigantiva: un mozzicone di caviglia si divideva tra una décolleté tacco 5, né ballerina né stiletto (e di un beige altrettanto indeciso, mellifluo), e il limitare estremo di un paio di jeans accorciati da un risvolto casereccio.  Ai piani superiori, si ritrovava una casacca a fiorami ubriacati, i cui lembi, privi dell’appiglio pietoso di una cintura, subivano in doloroso silenzio il destino timidamente svolazzante dei dimenticati.
L’informe aveva preso forma, la mancanza di una benché minima consolazione cromatica e – chissà perché il particolare non mi ha sorpresa – un afrore di afa subita sotto indumenti non abbastanza freschi –, come ruffiani dell’aberrazione, circondavano quella scarpa (sciapa, sformata anche), quella caviglia (grottescamente puerile) e quel risvolto (tristemente agreste).
Pochi istanti e gli scalini erano terminati, svoltavo l’angolo nella direzione opposta a quella “cosa”, mi riprendevo la mobile libertà del mio campo visivo. Ma una tale visione, come i raggi di un sole invadente che manda bagliori nel buio delle palpebre chiuse, resisteva ancora alla fuga attraverso la quale cercavo, in un corridoio qualunque, di stabilire una distanza sostenibile tra me e l’orrore. E l’immagine, già fantasma di se stessa, si radicava tuttavia in quella parte della mente che sembra preposta a custodire – per quanto? – ciò che ci ha ferito.
Non volli e fui grata di non potere associare un volto a cotanta bruttezza, come non si desidera, dell’atto efferato e inumano dell’assassino, conoscere la mente che lo ha concepito. Ma questo non mi risparmiò il rigurgito serotino di questa costola ponderosa di nefandezza estetica.
Chissà: se avessi preso un’altra strada, quella mattina, o se mi fossi affrettata lungo il percorso usuale? Avrei potuto precedere di pochi, ma cruciali secondi la portatrice (sana?) di una combinazione malsana. Però l’incidente, dopo che è avvenuto, inutilmente lo si ripensa alla luce di alternative che evidentemente il fato non ha ritenuto di offrirci.
Si passa oltre, certamente. Ovvero: tutto passa. Tranne forse il malinconico ricordo di quella casacca, costretta – lei sì – ad affacciarsi tutto il giorno sulla tela ordinaria arrotolata laggiù, malamente. Su quel risvolto senza speranza, a una manciata – comunque eccessiva – di centimetri sopra la scarpa sbagliata.
(Di P.)

martedì 7 giugno 2011

Cartoline da Verona

Questa sera, girovagando tra le cartelle del mio pc sono incappata nelle raccolte di fotografie e, come al solito, ho passato una mezzora a riguradarle!
Trovo sia sempre piacevole dedicare una breve pausa ad un tuffo nel passato, più o meno prossimo che sia, e ripercorrere i bellissimi viaggi fatti al mare, in montagna o in altre città!
Oggi però vorrei mostrarvi qualche scatto preso a 'casa nostra', Verona, perchè trovo sia davvero una bella città e, perchè no, per aggiungere una nota di colore alla nostra pagina. Bon Voyage!
(Di C.)

(Le fotografie sono state scattate qualche giorno fa da un mio carissimo amico che mi ha accompagnata per una passeggiata sulle colline).

Ponte Pietra e il Duomo

 


Piazza Erbe

L'ansa dell'Adige con la chiesa di San Fermo

giovedì 2 giugno 2011

Il consiglio della settimana ovvero come approfittare dell’accessorio (bello) per ritemprare l’umore (uggioso).

Una borsa di qualità, in termini estetici e materici, è come un bel paio di scarpe: nei momenti di tedio della nostra giornata ci viene in aiuto, a ricordarci che siamo sempre circondati dall’armonia e dalla piacevolezza che l’eleganza elargisce, anche quando ci sembra di percepire solo la noia.
La borsa, inoltre, rispetto alla scarpa, offre una possibilità ulteriore di memento sensoriale: la si può, sempre nei suddetti momenti di uggia, toccare. O, se preferite, discretamente accarezzare. Cioè percorrere fugacemente con le dita la bombata cedevolezza di un matelassé, sorbire la scivolosa morbidezza di un vellutato pellame, la politezza essenziale di un martellato o quella più rigorosa e disciplinata di una vernice. E tutto ciò mentre siamo costretti nel ristagno esasperante di una coda troppo lunga o un interlocutore verboso ci trattiene più del dovuto, mentre attendiamo un tram che tarda ad arrivare o quando, saliti sul suddetto mezzo, ci accorgiamo che la stanchezza incombe e che il tragitto verso casa ci appare interminabile.

N. B.: applicabile anche a una sciarpa di seta, a una falda di cashmere o a un pettinato di pura lana, di quelli che gareggiano, in morbidezza, con i più nobili filati.
(Di P.)

L’Italia delle buone maniere

Grazie a Graziano, il mio prezioso fisioterapista, che avendo lo studio sotto casa ogni lunedì mi usa la gentilezza di lasciare nella mia cassetta della posta l’inserto Domenica de «Il Sole 24Ore», sono incappata in un interessante articolo sulle buone maniere. E quale luogo migliore che questo per parlarne?

Il galateo perduto del neoconformista. Con questo titolo Donald Sassoon ci spiega come "difendere le buone maniere sembra essere diventata la prerogativa di chi è puritano, all’antica, non al passo con i tempi, e non essere al passo con i tempi" – conclude – "è il peggior peccato dell’era moderna".
Compiendo una breve storia delle buone maniere – dal cinquecentesco Cortigiano di Baldassarre Castiglione (dove si spiegava che il trucco era quello di eccellere facendo credere di non curarsene affatto, conoscere il codice ma farlo sembrare innato), al più diffuso Self-Help, di Samuel Smiles (1859) -  Sassoon ci illustra come da secoli si cerchino codici e modelli a cui guardare per apprendere la buona educazione. In questo breve articolo è segnalato anche un recente  libro di Gabriella Turnaturi, Signore e signori d’Italia. Una storia delle buone maniere (Feltrinelli), nel quale si evidenzia il legame tra civismo e buone maniere, due questioni strettamente legate. E su questo avrebbe potuto essere certamente  d’accordo il nostro Michele Lessona, che nel suo Volere è potere (1868) spiegava come nei primi passi mossi nella sua unità, l’Italia si dovesse confrontare con nemici più potenti degli austriaci: l’ignoranza, la superstizione, l’indolenza, l’invidia e il provincialismo (elenca Sassoon). Per vincere questa battaglia si consigliava dunque di seguire l’esempio degli italiani più illustri. Volere è potere nasceva così con l’intento di plasmare gli italiani e creare un’identità comune.

Ma in breve, dall’articolo di Sassoon si evince che sono due oggi le battaglie che dobbiamo affrontare: la prima è il conformismo, il cercare di comportarci come gli altri, e mettere da parte proprio quelle vecchie ma buone maniere di un tempo perché ormai ritenute obsolete e poco alla moda. Con la scusa di usare toni e comportamenti confidenziali per sentirci più rilassati e mettere a proprio agio gli interlocutori, si è finito col dimenticare quanto invece sia importante vestire parole e modi di fare  a seconda del luogo in cui ci si trova (andreste ad una cena di gala o ad una cerimonia in tuta e scarpe da ginnastica?). La seconda battaglia è quella contro televisione e i media, che non solo soffrono la totale assenza di nuovi modelli di comportamento, ma ostentano senza tregua "guru, personaggi famosi e politici che celebrano la loro mancanza di buone maniere, quasi sia a dire che il loro 'segno distintivo' è quello di non essere come tutti gli altri". Dice ancora Sassoon, "il paradosso è che credono di sottolineare le loro credenziali democratiche parlando in pubblico come si parla in privato".

Personalmente credo che non servirebbe conoscere a menadito il libro del caro Mons. Giovanni Della Casa, ma basterebbe un po’ di buon senso, insieme a una certa dose di coraggio di distinguersi e a un po’ di attenzione verso chi ci sta intorno. Dopo anni che sto con S., il mio compagno, ancora apprezzo quando mi apre la porta dell’auto,  mi fa accomodare al tavolo o si alza per primo se a cena occorre qualcosa che non è a portata di mano! E se salendo su un autobus e lasciando un posto a sedere ad un anziano ci sentiamo insultare, continuiamo a farlo: ci sarà sempre qualcuno che apprezzerà la gentilezza!
(Di C.)
 

domenica 29 maggio 2011

Vestirsi bene e vestirsi male richiedono quasi sempre lo stesso tempo (e gli stessi soldi): tanto vale vestirsi bene.

Vestirsi bene significa essere gradevoli per se stessi e per gli altri e cioè contribuire ad aumentare la qualità estetica dell’universo. Nel computo complessivo del cosmo il nostro contributo è infinitesimale ma innegabilmente rilevante.
Questo blog intende porsi quale umile ma onesto baluardo del bello tutti i giorni. Del bello su di noi, intorno a noi. Vestire è necessario. Farlo con grazia no, forse, ma rende la vita infinitamente più sensata.
La forma è sostanza. Ciò che vale per la poesia perché non può concedersi un legittimo prolungamento anche nella sfera esteriore che ci riguarda più da vicino, cioè quella dell’abito e dell’accessorio? Dunque, anche quando componiamo il nostro quotidiano spartito sartoriale o ci accingiamo alla scelta dell’indumento nel mercatino, nel negozio o più semplicemente davanti allo specchio, perché non cercare, oltre la “moda”, al di là della “tendenza”, a prescindere dai tanti condizionamenti esterni, un po’ di mera, in fondo gratuita, sorprendentemente durevole e appagante bellezza?
L’eleganza non sta però soltanto nell’indumento che si indossa, ad esso si accompagna il comportamento ed il linguaggio adeguato alla situazione in cui ci si trova. Essere eleganti significa anche non essere mai fuori luogo. Per questo parleremo del vestire, ma anche del parlare, dello scrivere, del mangiare in un dialogo aperto e, speriamo, stimolante.
(Di P. e C.)