lunedì 25 agosto 2014

Templi moderni



Passeggiando in agosto per le strade di una capitale europea particolarmente assolata (una delle poche, in questa bizzarra estate 2014), mi sono imbattuta nelle pantagrueliche vetrate di un esercizio commerciale del quale non avrei mai potuto immaginare nemmeno l’esistenza. In un palazzo bello e imponente decine e decine di metri quadrati, su due piani, sono stati allestiti con dovizia di dorature, specchi formato famiglia (numerosa), open space diluito ma diffuso, dettagli trendy, sapienti tocchi di kitsch e micro installazioni con rivisitazioni del prodotto (ricoperto di broccato, ricoperto di strass, ricoperto di seta) per vendere… Un gelato con lo stecco.


 Che è una cosa molto semplice e banale e, certo, non nuova e, a priori, né esclusiva né lussuosa.
Per questo, messa da parte la nausea spontanea e i primi vagiti di un riso isterico, ho provato una forma di mistica ammirazione per coloro che si prodigano a titillare la propria creatività per giungere a realizzare questi templi contemporanei consacrati a un’idea di marketing.
Perché di templi si tratta, a ben guardare. Sono spazi destinati alla collettività, eretti per offrire un luogo dedicato per celebrare una fede. Che lo si consideri un’offerta o un sacrificio, esigono il versamento dell’obolo onde partecipare a pieno titolo al rituale. Un certo numero di fanciulle e fanciulli dalle gradevoli fattezze, e impregnati della purezza che solo la giovinezza sa elargire, celebrano i riti tra le dorature e gli specchi; e accompagnano così il fedele nel suo soggiorno nel tempio.
Ma la fede in che cosa viene celebrata? Quale genere d’appagamento esistenziale o sollievo metafisico viene suggerito da tali luoghi? Qui sta il genio dei sopracitati creativi.
Al centro di tale “consacrazione” sta la fede nel fatto che il vuoto salverà il mondo. E lo renderà pure un posto migliore. E cioè che un gelato con lo stecco è il massimo del piacere, della realizzazione e della consapevolezza dell’esistenza a cui si possa aspirare e attingere. Che un gelato con lo stecco ci rende sciccosi, che un gelato con lo stecco ci rende importanti, che un gelato con lo stecco ci rende finalmente unici e che un gelato con lo stecco può dimostrare, definitivamente e irreversibilmente, quanto siamo straordinariamente fighi.
Sia chiaro, ho i piedini per terra: e sono lieta che qualche decina di persone abbia uno stipendio (che magari, visti i tempi, altrimenti non avrebbe) perché impartisce i sacramenti nel tempio del gelato con lo stecco. E lo so che pure una bella borsa firmata mi alletta anche perché mi fa sentire sciccosa, importante, ecc. Ma è proprio questo il punto, da qui è scaturita la mia ammirazione: hanno creato un mito intorno all’ennesimo oggetto commerciale, ma lo hanno fatto con il gelato con lo stecco. Ti vendono il gelato con lo stecco in un ambiente (location, se preferite) degno della megalomania dell’ennesima esclusiva boutique di uno stilista arrivato. Ti offrono, in cambio sempre di un gelato con lo stecco, di poter credere di stare facendo l’esperienza del lusso, dell’esclusività, dell’appartenenza a un’élite del gusto (se non del buon gusto...).
È praticamente un miracolo!
Amen.
(Di P.)

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