lunedì 21 maggio 2012

La porta in faccia


Invitiamo, chi lo desideri, a fare un esperimento. Consiste nel contare quante volte nell’arco di una giornata o di una settimana (o di un mese, se siete per le rilevazioni sul medio-lungo periodo) ci si ritrova con una porta in faccia. No, non la torta. La porta.
Succede spessissimo, almeno nella città in cui abito. Se ci si fa caso, risulta infatti impressionante il numero di persone che, quando entra in un negozio, in un cinema, in un bar, in uno stabile di qualsivoglia natura, procede sempre come fosse l’ultimo oltre che il primo della fila. Cioè, a questi soggetti non è mai stato insegnato o suggerito di volgere leggiadramente quanto parzialmente (basta poco, infatti) il collo per verificare che non vi sia qualcuno dietro di loro che, appunto, se ignorato, rischia di ritrovarsi con la porta chiusa sulla faccia.
Questo comportamento dà luogo a visioni estremamente ineleganti: chi sta davanti appare davvero come un perfetto esemplare di mancanza di percezione dell’esistenza di altri da sé (altresì definibile come “maleducazione”), e chi lo segue rischia a volte di doversi poco graziosamente puntellare sui tacchi per respingere la caduta libera della porta verso la sua persona.
C’è anche un altro possibile risvolto: il verificarsi di manifestazioni di riconoscenza quanto mai fuori luogo. Infatti, quando si trattiene una porta per chi segue (o precede: non facciamoci mancare niente) a volte il destinatario del gesto, non essendo evidentemente aduso a cotanta cortesia, si produce in ringraziamenti tali che potrebbero essere giustificati solo dall’avergli, che so?, salvato la vita dell’unico figlio, in procinto di essere travolto da un’auto in corsa.
Invitiamo dunque, chi lo desideri, a fare un altro esperimento. Sforziamoci di praticare sistematicamente la cortese apertura della porta per la sconosciuta o lo sconosciuto che ci segue quando entriamo o usciamo da un luogo pubblico. E proviamo a vedere se, dando l’esempio, i casi di porta in faccia in questa città conosceranno una (seppur minima) flessione.
(Di P.)