Ho appena finito i Ricordi di egotismo, perciò mi trovo in
una fase in cui ritengo che le mie esperienze e le mie impressioni siano di
imponente interesse. In effetti, lo ritenevo anche prima, ma Stendhal ha
sicuramente peggiorato la situazione.
Perciò: desidero
esprimere pubblicamente e definitivamente la mia personale insofferenza per il
“blu”. Basta. Basta. Basta!
Questo colore
irritante, per il quale ho coniato anni addietro l’efficace definizione di
“nero mancato”, ha imperversato nelle collezioni primavera/estate 2015 con
inusitata determinazione e invadenza. Certo, ad ogni sacrosanto marzo, le
vetrine cominciano puntualmente a popolarsi di questa tinta frustrante (oltre
che di righe, pois, fiori; e per citare la battuta di un certo film, “Avanguardia
pura, insomma”). Ma quest’anno si è esagerato. Ogni brand, ogni linea aveva il
suo bravo blu sparso un po’ dappertutto. Non solo nel
casual/pseudo-marinaro/pseudo-barcaiolo (un giorno parleremo anche di questo).
Ce n’era per tutti: abiti da cocktail, da sera, da cerimonia (Ah! Vuoi mettere
un bel blu per la cerimonia? C’è di che parlare di “rivoluzione pura”), da
tutti i giorni, da lavoro (nel senso di “ufficio”, perché se lavorate in un
cantiere, allora sì, il blu è il vostro colore; cfr. “tute da”). Questa
proliferazione cromatica fastidiosa mi ha fatto risparmiare delle cifre
considerevoli, non c’è dubbio, ma esteticamente parlando ho sofferto. Sofferto
moltissimo.
Ma non è finita. Oltre
ad averlo dovuto tollerare e soprattutto dribblare durante i saldi, ora scopro
che sarà il protagonista anche delle collezioni invernali. Ma come?! Passi la
“tradizione” nella primavera, passi lo scivolone estivo (per una volta). Ma
l’inverno. L’inverno no. Se banalità ha da essere allora che banalità sia. E se
devo sciropparmi il blu in primavera, ho il diritto di strafogarmi di nero (e
di marrone, e di grigio) d’inverno.
E la volete conoscere
la cocente, umiliante ciliegina sulla torta (blu)? Il parigino museo della
moda, il Palais Galiera, ha appena dedicato una mostra fascinosissima alle
creazioni di Jeanne Lanvin. Lo sapete qual è il colore più ricorrente?
Ecco. Appunto. Anche la
storia della moda è contro di me. Ditemi voi cosa mi resta. E se vi sembro
affetta da egotismo, ricordatevi che Monsieur Beyle non era certo l’ultimo
degli sciocchi. Lui detestava i suoi connazionali, io detesto il blu. Chi è più
difficile?
Nota a margine: per chiarezza e precisione, con
“blu” intendo il blu scuro, quello che include il “blu notte”, quello che si
declina in tonalità che, in maniera più o meno ardita e sfacciata, si
avvicinano al nero. A volte pericolosamente. Perciò, se vi trovate in un
negozio e sentite una cliente (bella, magra, sciccosa, ma dall’attitudine
elegantemente nevrotica) che chiede alla commessa se il capo che ha provato è
blu o nero, e se la domanda viene ripetuta quattro o cinque volte, e se viene
anche richiesto un attestato scritto di garanzia di neritudine prima
dell’acquisto… Ecco, quella sono io.